Un pomeriggio rap

Lunedì 19 febbraio, ore 14,30, aula audiovisivi.
Grazie alla prof.ssa Bonalumi noi classi terze abbiamo avuto l’occasione di parlare con il music manager Carlo Moretti, che ci ha spiegato le origini della musica trap, un genere che fa molto discutere: merita di essere ascoltato o è solo una moda degli ultimi anni?

Siamo entrati nella sala tutti emozionati, non vedevamo l’ora di conoscere e incontrare l’esperto di musica trap… Molti di noi non l’ascoltano, ma questo incontro con Carlo Moretti e il suo amico produttore ci ha chiarito le idee.

Per esempio, sapevate che il rap discende dalla cultura afro-americana? Infatti gli abitanti del ghetto di Brooklyn vivevano in condizioni penose e, per esprimere la realtà della loro situazione, nacquero i block party (letteralmente: feste di quartiere) da cui emersero i primi DJ. La parola RAP è l’acronimo di Rythm And Poetry ovvero ritmo e poesia.

Che c’entra la poesia con la musica? Ora vi spieghiamo: all’inizio i DJ parlavano normalmente sopra alla musica, raccontando le difficili condizioni di vita nel ghetto, un contesto di povertà e di spaccio, poi iniziarono a seguire il ritmo con la voce così che suonasse meglio, alla fine hanno cominciato a fare rime e a dare una musicalità maggiore alle parole, creando quindi il nuovo genere musicale.

Per farci capire meglio, ci hanno fatto vedere una scena del film “The Get Down”, così abbiamo scoperto che il DJ metteva una base in loop muovendo avanti e indietro il vinile.

E la trap? La trap è un sottogenere del rap, nato nelle trap house, che si è diffuso all’inizio degli anni 2000. Il rap invece esiste da ormai 50 anni, anche se è facile confonderli. La trap è arrivata in Italia solo nel 2014, resa popolare da artisti come Sfera Ebbasta.

Però c’è un problema: i testi, che affrontano i problemi di oggi, si ritrovano spesso a parlare di droga e violenza e i più giovani possono non capire che è un racconto e credere che i cantanti, nella loro vita privata, facciano veramente queste cose. Moretti ci ha spiegato una cosa molto importante riguardo gli argomenti trattati dei trapper: gli artisti indossano una “maschera”, come nei film o nelle serie tv, per poter raccontare queste storie, anche se a volte si tratta di situazioni che hanno realmente vissuto, ma è proprio questo che alcuni non capiscono e, ascoltando questo genere di musica, possono pensare che siano cose giuste da fare, anche se chiaramente non lo sono.

Per dimostrare che la trap non esprime solo violenza, Carlo ci ha fatto ascoltare due canzoni che hanno anche partecipato al festival di Sanremo: Casa mia di Ghali e Onda Alta di Dargen D’amico: entrambe parlano delle guerre e del fatto che dovrebbero finire.

Ci siamo anche soffermati sul ruolo dei producer, delle case discografiche e su come si diventa manager musicale (“che equivale un po’ all’allenatore di calcio”): Carlo ha risposto a tutte le nostre curiosità e chiarito pazientemente i nostri dubbi.

Alla fine, l’incontro si è chiuso con la domanda delle domande: “Ci deve essere libertà di espressione assoluta per gli artisti?”. Risposta: “Difendo la libertà di parola, ma l’artista è un personaggio pubblico e ha delle responsabilità”.

Sofia, Micol, Quirino e Francesco, 3^A

A questo link la playlist delle terze, creata assieme ai nostri ospiti!

Una risposta a “Un pomeriggio rap”

  1. Sono una ex-alunna di questa scuola. Quanto mi fa piacere sapere che questo blog , che avevamo creato noi nel lontano 2018, continua a vivere! Chi se lo sarebbe mai aspettato. Continuate così!
    Forza ragazzi! Buona scuola❤️

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