Istituto Comprensivo "A. TESTORE" - S. Maria Maggiore (VB)

 

La segale

La segale è un autentico cereale di montagna: resistente alle intemperie, ben si adatta anche alle altitudini più  segaleelevate ed ai terreni più poveri . Inoltre non richiede concimi, né particolari cure del terreno, matura abbastanza in fretta, anche se non è un cereale rigoglioso come il frumento.

Si seminava in autunno, nei campi ben arati allo scopo di rendere la terra soffice e pronta ad accogliere i semi; questa operazione veniva effettuata dalle donne con la “vanga”: esse  si aiutavano a vicenda e  lavoravano le une  affiancate alle altre.

Le tecniche usate per la semina erano due: si seminava “a spaglio” oppure “a righe”, delimitando le zone del campo dove seminare tracciando dei solchi regolari con  un rastrello a soli tre denti.

Per la  germinazione dei semi, occorrevano la giusta temperatura ed un certo grado di umidità del terreno; le pianticelle spuntavano circa una decina di giorni dopo.

Durante l'inverno, le pianticelle di segale erano protette dal gelo dalle abbondanti nevicate; in primavera il cereale continuava a crescere raggiungendo la completa maturazione agli inizi dell'estate.

Le donne procedevano ogni tanto nell'operazione di disinfestazione del campo dalle erbacce che avrebbero tolto forza e vigore alla segale.

La segale veniva mietuta nei mesi di giugno-luglio, legata in fasci sul campo e portata nei solai per la completa essicazione. Qui veniva sistemata in piedi, addossata a stanghe sorrette da cavalletti e poi, nelle giornate ventose di luglio, veniva trebbiata battendola  sopra una  lastra di pietra; in seguito veniva distesa sul pavimento del solaio e battuta nuovamente con bastoni per liberare dalle spighe  gli ultimi chicchi.

Com'era caratteristico il rumore di queste battiture che echeggiava in  tutti i solai!

La paglia veniva quindi legata in covoni e talora tagliata minutamente con il “tritapaglia” per darla in cibo alle bestie, con un po' di sale e crusca.

I chicchi  venivano infine ventilati con il “val”e una volta puliti, badando di togliere con cura dal frumento la segale cornuta che avrebbe avvelenato la farina, venivano  riposti nei sacchi per  essere  portati a macinare   al mulino.