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ISTITUTO COMPRENSIVO "ANDREA TESTORE" - Santa Maria Maggiore (VB) |
Fornara Carlo (1871 - 1968) |
E'
impossibile disgiungere la vita e le opere di Carlo Fornara, vissuto
nell'arte e per l'arte, senza soluzione di continuità, pur nella
naturale
evoluzione imposta dagli anni e dagli avvenimenti, anche familiari. Nato
a Prestinone da padre operaio (Giuseppe) e madre contadina, il 21
ottobre 1871,
segue
in loco le scuole elementari. Ne volevano fare un geometra, ma egli non
ancora decenne predilige disegnare ed è sorpreso un giorno a messa
mentre ritrae un vecchio. E' forse questa la manifestazione di un
talento particolare che, ammirato dai compaesani, induce i genitori a
mandare il ragazzo a Santa Maria Maggiore alla scuola di disegno e
pittura dove insegnano Carlo Giuseppe Cavalli ed Enrico Cavalli. E
che i progressi dell'allievo fossero rapidi lo dimostrano i lavori che
del Fornara rimasero alla Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini:
l'autoritratto a sfumino (1888),
il
ritratto a sfumino del maestro Enrico
Cavalli
(1889)
entrambi
capolavori di intuito, sensibilità e morbidezza.
C'è
ancora una reminiscenza della scuola che fa scrivere a Carlo Fornara: «Più
tardi, venuto a conoscenza delle ricerche di Cézanne (la
pente sensation) mi
stupì il constatare che quando il pittore d'Aix era ancora ignoto e
poco apprezzato, nella piccola scuola di Santa Maria, si camminava già
per quella via ove più tardi torbido e fragoroso si rovesciò il
torrente dei pittori detti d'avanguardia». Ma
Fornara non è pago; ha gli occhi fissi sui grandi del colore, specie
sui veneti, e come quasi tutti i pittori ne subisce il fascino. E
nell'agosto del 1892 inviò,
unitamente all'amico Rastellini Gian Maria, una proposta per andare a
Venezia a perfezionarsi, mediante un sussidio della Scuola di Belle
Arti Rossetti Valentini, cui avrebbero poi riservato ciascuno la copia
di un capolavoro. Il sussidio fu deliberato, ma non si sa se sia stato
erogato; comunque alla scuola la copia non pervenne. Nello
stesso anno Fornara si recò a Torino e visitò una postuma delle opere
del Fontanesí, riportandone, a detta dello stesso Fornara, «una
sconvolgente rivelazione». Era l'alito melanconico di un
romanticismo
poetico che trovava risonanza nell'animo giovanile del pittore e la
meraviglia per l'uso eccezionale del colore e delle tonalità, che
aprivano così nuove prospettive alle conoscenze estetiche del Fornara. Anni
veramente d'eccezione e fondamentali per la formazione dell'artista
Fornara il 1892 e
1893. Conturbato
per le visioni nuove e straordinarie godute nell'affacciarsi nel mondo
dell'arte, dimesse le briglie delle regole che fino allora aveva
ritenuto dogmatiche anche
per
ciò che riguardava la tecnica pittorica, Fornara intuì che vi era
dell'altro e la curiosità era acuita dal desiderio di pervenire a nuove
mete e saggiare frutti proibiti. Due libri, L'art
moderne e
Certains di
Huysmans (benché già dal Cavalli avesse avuto anticipazioni sulle
esperienze di Delacroix) furono l'incentivo galeotto ad approfondire
quanto ci fosse di vero e di realizzabile nelle teorie sulla luce e
sulla scomposizione scientifica del colore. Mattino d'ottobre
e La boscaiola danno
una prima misura della volontà del Fornara di disubbidire ai precetti
imparati a scuola per fare qualche cosa di diverso in cui il colore stia
per assumere un ruolo particolare. Così si può affermare per uno
Studio del
1894. Fornara
in quegli anni 1893-1895 era
insoddisfatto, incerto, tentennante: doveva
vedere, viaggiare, si recò in Francia. Si entusiasmò al Louvre,
però non frequentava altri pittori.
Si avvicinò ai testi del Chevreul, Helmholtz, Rood, Briicke,
Lambert, studiando tutte le possibilità della nuova teoria che stava
prendendo piede fino a concretarsi nella tecnica del divisionismo. Sono
gli anni in cui Fornara, reverente come sempre verso il maestro,
dipingeva ritratti in cui sembra trasfuso il colore e la pennellata,
forse più nervosa, di Enrico Cavalli. Ma nello stesso tempo abbozzò Mattino
di primavera e
lavorò ad un tentativo nuovo e seducente per riassumere il risultato
dei propri studi. Infatti
avviò En
plein air. E'
un effetto di controluce: il terso sole di marzo incide figure e cose
colla vigorosa limpidità di una acquaforte. Del
1896 sono
Interno di stalla e
Studio di figura. Poi nel
1897, finito,
spedì En plein air alla
Triennale di Milano; ma accadde un fatto imprevisto ed inopinato: la
giuria respinse il quadro. Allora Fornara si ricordò degli amici e
dei loro incoraggiamenti; ricordò che un caso analogo è successo
tanti anni prima al Salon di
Parigi. Ed il quadro venne esposto a Milano in una vetrina del Corso
Vittorio Emanuele. Fu il gesto deciso di un ribelle al codinismo
accademico ed alla camarilla. Il quadro suscitò polemiche, ma venne
ammirato anche da Segantini ed il successo confermò a Fornara d'essere
sulla via buona. Il cenacolo d'amici anche nella capitale lombarda si
infittì e lo incoraggiò. Nel
1897 iniziò
Ultimi splendori autunnali finito
molti anni più tardi (raccolta Catapano). Nel 1899
Fornara
non era più uno sconosciuto. Mandò alla Biennale Pascolo d'ottobre e
Pomeriggio estivo. Il primo
venne sfregiato da un fanatico avversario e ciò indusse Fornara a
buttarsi ancor più deciso nella lotta con tutto l'ímpegno e
l'intelligenza. En
plen air venne
ritenuto rappresentativo e varcò i confini per essere esposto nella
lontana Pietroburgo e nel 1900
a San
Francisco. Sono
dello stesso anno Pascolo
alpino e
L'ombra
si stende. Il
successo di Fornara aveva apportato la conoscenza di Segantini e questi
aveva raccomandato Fornara alla protezione di Alberto Grubicy. La
conoscenza diverrà presto amicizia. L'invito
di Segantini a Fornara a collaborare con lui per la realizzazione di
un grande diorama che sarebbe dovuto comparire all'Esposizione di
Parigi dal 1900
fu
la prova della grande stima di Segantini per Fornara. Anno quindi di
successi, di affermazioni, di contatti e fraternizzazioni che ebbero
sulla vita di Carlo Fornara un valore sempre incisivo e talora
determinante. Nel
1900 alla
Triennale di Milano Ciliegi
in fiore,
Ombra
estiva,
Sera di
settembre sigillarono
per Fornara il successo ormai incontestato, anche se l'attributo di
"segantiniano" tendeva maliziosamente a sminuire il valore
intrinseco ed autonomo della pittura di Fornara. Del
1901
sono
Crepuscolo mistico e Tristezza invernale. Era
inevitabile che il successo arriso a Fornara, e forse l'assimilazione
di alcuni principi del Segantini, lo portassero a scivolare colla
propria pittura su cristallizzazione di concetti, trasferendo i fenomeni
naturali ad un simbolismo parallelo alle vicende umane, esteriorizzante
con l'arte del colore lo stretto connubio tra la natura ed i sentimenti.
Nel 1902
nacque
la Parabola
della natura
che venne esposta alla Biennale di Torino. Questo quadro pieno di
significato e di misticismo venne integrato con Agonia della
natura
e Tristezza invernale
a
formare un trittico pieno di profondi presagi malinconici e di
introspezioni psicologiche. Nel
dicembre 1902
Fornara
partecipò con Gola ad una collettiva alla Permanente con 25
opere
tutte d'impegno e significative. Sono di tale anno lo studio a penna di
un Vecchio
albero, Alba
d'inverno,
La
casa del
poeta,
Preludio
primaverile. I
contatti con Segantini, il dogma sempre più valido della purezza del
colore, la sempre più profonda conoscenza della natura, l'ansito di
viverne i fenomeni nell'aura più tersa e stimolante delle altitudini
alpestri, là dove la vita della sua gente si svolge con leggi e ritmi
più primitivi e schietti, indussero Fornara a trascorrere lunghi
alterni periodi con i pastori. E' lassù che concepì tra i sibili del
vento l'Aquilone,
che
concreta le tenerezze dell'Alba, che nacquero Fontanalba,
Sera,
Mattinata sulle Alpi, Laghetto
alpino.
Nelle medie stagioni dal 1903
al
1904
compose
Crana, Aprile, e meditò un quadro, Il presagio. Nel
1905 il
complesso con la Parabola
della natura venne
esposto a Monaco di Baviera e ne riportò la medaglia d'oro. Dello
stesso anno sono Ottobre
sui monti, Vespero di marzo, Ultimi pascoli, e
del 1906 Chiara pace,
Meriggio d'inverno, Il campanile, Grano saraceno. L’Ottobre sui
monti venne
esposto
alla Biennale di Venezia e poi a Bruxelles dove ricevette una medaglia
d'argento. Nel
1907 lavorò
in Francia affascinato dal dolce ambiente paesistíco provenzale e
partecipò alla mostra dei divisionisti italiani a Parigi. Con un
nerbo di ben 50 opere ebbe tutta una sala, così come ebbero una loro
sala ciascuno Previati e Segantini. In patria mise mano ancora a Fontanella ed
Alpe. Nel
1908 si interessò
di Carlo Fornara lo scrittore Alfredo Melani che sulla rivista inglese
"Tbc Studio" (XLIII,
pp. 40-44) esaltò
il nostro pittore con un articolo intitolato An
italian luminist. La
pittura di Carlo Fornara aveva ormai ammiratori in così vasta cerchia
che la critica anche la più diffidente ed esigente dovette accettarlo
ed ammetterne la personalità artistica primeggiante ed indiscussa. Ma
Carlo Fornara trascorreva estate ed autunno in Valle Maggia, su in alto
a Campo, e vi eseguì Fine
d'autunno in Val Maggia, L'ombra si stende, Tramonto sulle alpi, Giorno
di pioggia. Il pittore
era giunto alla piena maturità artistica e con i propri soggetti
coltivava una mirabile sincronia vibrante di note prevalentemente
nostalgiche e malinconiche. Il
notevole gruppo di opere create durante il soggiorno in Valle Maggia
venne esposto a Parigi nel 1909. In
questo stesso anno videro la luce Laghetto
alpino, Meriggio d'inverno, Vocogno, Fine d'inverno (questi
ultimi due nelle Gallerie d'arte moderna di Roma e di Mílano), Bordo della Marna, Luci ed ombre, Meriggio sulle alpi. Nel
1910 espose fuori vendita in diverse città d'Olanda, Belgio e Germania
e lavorò a La giornata finita,
Ritorno dal bosco, Mattutino, Gennaio radioso (posseduto
dalla Galleria d'arte moderna di Roma) e Mattinata sulle alpi. Nel
1911 trovo il tempo per fare un viaggio nell'America del Sud dove
dipinse alcuni studi. Nei profondi silenzi della lunga navigazione meditò
molto sull'arte, riassunse la propria opera rilevandone le
manchevolezze,
sognando nuovi lavori. Ma la pampa non era il suo ambiente. Il suo
nido era la montagna pura e tersa, la sua Valle Vigezzo. Nel
1912 una raccolta di lavori di Carlo Fornara figurò all'Esposizione
anglo-latína di Londra. Del 1913 è Tramonto di settembre. Nel
1914 Carlo Fornara comparve per l'ultima volta a Venezia con un
complesso importante di opere. Nel 1915 espose alla Permanente di Milano
con Previati avendo a disposizione tre sale ciascuno ed una sala comune
per i disegni. Ancora
nel 1916 "The Studio" (n° LXVII) pubblicò, per la penna di
A. C. T., un articolo su Carlo Fornara. Intanto, pur nei ripensamenti
e nei dubbi Carlo Fornara si accinse ad un grande lavoro, grande
soprattutto per il suo valore contenutistico, La
conquista della terra, dedicato
alla colonizzazione sudamericana e destinato al Museo di Buenos Ayres,
ora al Palazzo del Congresso. La
grave depressione in cui cadde Carlo Fornara per la scomparsa dei suoi
genitori, avvenuta al principio del 1917, si rifletté nei suoi lavori
e sulla sua operosità. La guerra pose anch'essa con le difficoltà una
remora al fervore artistico. Tempo di introspezioni e di riflessioni. Ed
ecco nel 1918 l'Autoritratto e
la ultimazione de La
conquista della terra. Furono
del 1919 e 1920 Alla fonte e
Pomeriggio di marzo. Nel
1921 per le pressioni dell'amico Grubicy Fornara fu costretto a
risfoderare la giovanile irruenza ed a partecipare in una sala apposita
e con 30 opere alla prima biennale romana. La lotta tra artisti
sperimentati e convinti e quelli di tendenze in formazione si inacerbì.
La guerra era senza quartiere e senza esclusione di colpi; onde il
contendente corretto non poteva che dignitosamente ritirarsi. Nasce il
"900" e Carlo Fornara si ritira nella sua Valle. Ad
accrescere le ragioni di sua amarezza il 13 luglio 1922 Alberto Grubicy
moriva. Fornara che ne era stato nominato esecutore testamentario
dovette tribolare due anni tra i cavilli degli avvocati e le dispute
degli eredi. Ma la solitudine e la pittura furono come sempre il balsamo
alle ferite del suo animo e dei suoi sentimenti. Sono
del 1922 Verso il pascolo,
Raccoglitrice di ghiande, Splendori di ottobre, Ciliegio fiorito, Il
carbonaio, Nel mio orto. Nel
1924-1925 Carlo Fornara è nuovamente in Francia e sono di questi anni
Il molino
di Nesle
in Normandia, La téte d'or, Dal mio orto, Giornata piovosa, oltre
al rimaneggiamento di molte opere. Dal
1926
al 1932 la
sua vita trascorse operosa e serena prevalentemente a Prestinone donde
mantenne elevati contatti culturali e di amicizia con l'orefice
Ravasco, col poeta Pastonchi, con Raffaele Calzini, col collega Tosi e
con tanti altri. Coltivò la pittura, le lettere, la filosofia. Sono
di quegli anni Presso
Buttogno, Prestinone, Sole d'ottobre, Mattino di maggio, Primavera,
Impressione, Sinfonia autunnale, Tramonto d'ottobre, Angolo del mio
orto, Vitellino, Plenilunio d'autunno, Sole cadente, Primi sintomi di
primavera, Il vecchio molino, Autunno. Gli
anni dal 1933
al 1939 segnano
anche una ripresa sostanziosa nell'attività del pittore che ha
ritrovato una vena di freschezza per attuare con rinnovata decisione
nuove esperienze coloristiche e tecniche nell'impiego dei mezzi. Sono di
quegli anni La
giovane pastora, Ritratto della moglie, Ottobre, Alle porte
dell'inverno, Le due mucche, Vapori autunnali, Vecchio albero,
Impressioni d'ottobre, Giornata rigida, Pascoli d'ottobre, Sole
d'inverno, Ultimi pascoli, Armonie autunnali, Crepuscolo di settembre,
Pomeriggio d'estate, Pomeriggio di primavera, Pascolo verso Druogno,
Tepido rifugio, Fiori, Casetta rosa, Controluce, Alle porte
dell'inverno, Vespero di settembre, Pascolo a Crodo, Sera di maggio,
Dopo la pioggia, La raccolta delle patate, Pascolo, Autunno umido,
Studio per autoritratto, Spiaggia di Mentone, Principio d'aprile. Con
questi quadri Carlo Fornara scandisce le ore che passano, le stagioni
che si succedono, fissandone i momenti d'estasi vissuti con la natura a
lui cara ed inesauribilmente varia. Poi
nel settembre 1940 un
dolore
colpì Carlo Fornara: morì la sua compagna. Non
si riprese più ed incupito nel proprio dolore cercò la solitudine e
l'isolamento per essere solo con i propri pensieri, i propri
rimpianti,
consolato dai ricordi, distratto talvolta dalle visite degli amici e
dei conoscenti. La carriera artistica di Carlo Fornara compì in tal
modo la propria parabola. Morì il 15 ottobre del 1968. |